Saggi Critici





















In un'epoca che segna la crisi degli ideali più nobili, l'arte rima­ne, in tutte le sue espressioni, ad ispirare nell'animo quei senti­menti che portano ad apprezzare la vita e a ricercare i veri valo­ri.
Sono, perciò, profondamente compiaciuto dell'iniziativa as­sunta dall'Amministrazione Comunale nel voler patrocinare la mostra personale di Mimmo Savino, che alla pittura ha dedicato già nel passato, e ancor più nel presente, tutto se stesso, ri­scuotendo sempre più numerose e profonde approvazioni per le sue capacità artistiche.
Tale iniziativa, a mio parere, cade a buon punto, infatti essa fa parte di quegli interventi atti a promuovere lo sviluppo educati­vo e culturale dell'area giuglianese.
L'arte di Mimmo Savino onora la nostra città e a lui auguriamo nel ringraziarlo, una carriera brillante, perché il suo nome si aggiunga a quello di coloro che già hanno dato fama al nostro paese.
Giovanni Pianese sindaco di Giugliano (presentazione alla mostra retrospettiva di Giugliano)
Tra le finalità istituzionali del distretto scolastico rientra la pro­mozione di iniziative utili alla migliore conoscenza delle realtà locali e in questo contesto, bene, si colloca l'antologica del pit­tore Mimmo Savino, che travalica il messaggio esclusivamente artistico per assumere un ruolo propositivo per una ricerca sul valore della cultura nel nostro territorio e sull'individuazione degli ostacoli che ne soffocano la vitalità.
Che la vicenda di un giovane artista, già tanto ricca di esperien­ze, di evoluzioni, di significativi e numerosi riconoscimenti di critica, contenga la suggestione ed offra elementi per un orien­tamento dei giovani delle nostre scuole è stata la valutazione primaria che il 26° Consiglio Scolastico Distrettuale ha assun­to nel concedere il patrocinio alla mostra antologica. In questa vicenda è del tutto insolito che un'emigrazione sia iniziata ver­so il sud anche se poi si è arricchita di contatti al nord e in Euro­pa. Dalla mescolanza di due mari, il Tirreno e lo Ionio, intesi anche come diverse dimensioni di vita, forse nascono gli azzur­ri che si irradiano dalle tele dell'artista e prepotentemente con­quistano alla speranza nel difficile sentiero del tempo presente. L'amicizia antica che mi lega a Mimmo Savino condizionereb­be, forse troppo, un mio giudizio sulla vasta opera, giudizio che richiede peraltro diversa competenza; la sua testimonianza, co­munque, con forza si colloca nel solco di una tradizione artisti­ca che ha lontane radici ed onora la nostra terra.
 Giovanni Bottone (Presidente del 260 Distretto Scolastico)
Caro Savino,
mi chiedi una testimonianza per l'antologica che il Comune di Giugliano ha voluto organizzare come un omaggio reso al­la tua arte, ed io sono ben lieto di dartela con poche e rapide (ma non per questo meno sentite) righe.
Una mostra di così ampio respiro, come la tua, è forse la pri­ma che la città di Giugliano organizza, e questa iniziativa può essere uno stimolo per altri paesi dell'hinterland napole­tano, un'occasione di confronto con la stessa metropoli, la quale, nel settore delle arti visive, certamente, non brilla per sensibilità e intelligenza nell'appoggiare idee e proposte. La tua mostra è importante anche perchè offre una occasione al­la città di Giugliano di presentare una propria immagine ope­rativa, sul piano della cultura, con lo strumento dell'arte (che pur se può apparire, per tosi dire, riduttivo o lontano dai pro­blemi sociali e dagli stessi interessi del politico di professione), è stato sempre un mezzo di comunicazione inso­stituibile per ogni piccola o grande civiltà, sia del passato che del presente. L'arte è un bene prezioso per i valori culturali e spirituali che assomma in se e che trasmette al mondo.
Per parlare un pò della tua pittura direi che essa, attraverso la trasfigurazione che le dai, rimane sostanzialmente lonta­na da quel gretto pittoricismo proposto e riproposto da assur­de mode pittoriche, che critici senza scrupoli e senza amore sostengono ad ogni piè sospinto sprecando anche la carta che, preziosa com'è, potrebbe essere adoperata per fini più seri e produttivi dell'umanità.
L'atmosfera spirituale (originata da intenti mistici e religiosi) che pervade le tue tele è una spinta data all'uomo di ritrovare una intima primordialità ed una forma di pace con se stesso. È anche il segno di una civiltà più connessa alla purezza inte­riore dello spirito. Con ciò direi che il tuo fare pittorico è lonta­no da quel patetico populismo storico che oggi rappresenta la forza di qualche pittore napoletano di successo, o di alcuni giovani che con i loro rifacimenti offendono il verbo di essere pittori.
La pittura non è tecnicismo, nè esercitazione formale: è una cosa che viene dal profondo dell'uomo, se non dal profondo della terra stessa.
Gerardo De Simone (direttore della galleria “Lo Spazio )

 

L'INFINITO DIPINTO D'AZZURRO
Colori e forme per la loro natura susci­tano insopprimibile risonanze psichi­che. L'osservatore guardi il quadro co­me una combinazione di forme e colo­re, che riflette uno stato d'animo, non una realtà esterna.
Kandinsky

LA FORMAZIONE ARTISTICA

Giovane, trentasette anni, Savino ha al suo attivo una notevole produzione di opere che certamente altri pittori, suoi coetanei, non possono vantare, vuoi per scarsa coerenza, vuoi per scarsa caratura artistica. I suoi cicli produttivi variano dalla pittura al­la grafica, dall'acquerello alla litografia: il che sta a dimostrare che egli, artista nato, ha cominciato a lavorare molto presto con umiltà e serietà, adattando le sue possibilità alla sue intenzioni e alle sue inclinazioni, senza preoccuparsi dei tabù e senza per­dersi dietro i dorati miraggi di facili arrivismi; ha osato forgiare, con una semplicità esemplare, i suoi strumenti espressivi uni­camente in funzione delle esigenze della sua individualità. Chiarezza e fermezza, sorrette da uno spirito coerente, gli han­no permesso di avvicinarsi il più possibile al suo ideale creativo e di tradurlo esclusivamente con i mezzi della fantasia che non può essere razionalmente illuminata, ma solo aiutata dai puri valori plastici delle linee e del colore.
Savino non si è mai accontentato, come i pittori di razza, del bello in sè: per lui, come scrive Doelman, da forma è il linguag­gio che interpreta l'oggetto, una qualità che l'artista trae dal fondo di se stesso».
Grazie agli ottimi insegnamenti ricevuti dai suoi maestri, Ar­mando De Stefano e Carmine Di Ruggiero, al Liceo Artistico di Napoli, ha affinato sempre più la sua tecnica e la sua capacità disegnativi, mirando ad essenzializzare e sintetizzare al massi­mo la visione oggettiva della sua prima fase di formazione arti­stica. Questa è stata la sua fortuna, quasi la sua mossa “vincente”, frutto di una intelligenza creativa di sicuro talento che lo ha saputo guidare in maniera chiara e lineare verso la strada dell'arte.
Benchè ancora sensibile, agli inizi, ad un influsso impressioni­stico, da cui si è poi liberato, Savino è stato capace di dare al suo colore intensità e personalità. I primi segni di una autono­mia sono evidenti nel modo in cui ha trattato il paesaggio, che s'illumina di una sua propria luce, che risplende ancora più in­tensamente sotto ai vivi bagliori di ellitici squarci di cieli azzur­ri.
Rigore e precisione di forme, colori solari, si inquadrano in una 10 giusta misura spaziale e prospettica.
I riferimenti al reale sembrano piuttosto pretestuali; risulta evi­dente che la creazione è subordinata ad un modello mentale già precostituito: sintomo di una indipendenza, di una esigenza di espressione che non sono più ristrette nel campo limitato delle convenzioni e dei generi, nè tantomeno in quello delle correnti. Come tutti coloro che hanno in sè il loro universo, ha già le sue idee e, silenziosamente e coraggiosamente, respingendo ogni tipo di condizionamento, trova in una pittura a dosate superfici la spinta conforme al suo amore della libertà e degli ampi spazi. Gli azzurri limpidi e sereni dei cieli, "tagliati" e inquadrati quasi a guisa di elementi di un «puzzle», nella composizione paesaggi­stica, si fanno «annunciatori» di libertà e di serenità e di un an­cora più vasto desiderio di infinità. (Usiamo non a caso il termi­ne «annunciatore», riferito all'azzurro, perché, come vedremo, nello sviluppo futuro del suo lavoro, Savino, offrirà larghissimi spazi nelle sue tele all'invasione dell'azzurro).

LA FORMULA METAFISICA

Il paesaggio di questo periodo presenta inquadrature di località marittime (o dell'entroterra) della Campania che spiccano cal­me e luminose in una luce limpida in cui è assente ogni rumore o segno di vita. Piú che reali, queste vedute sembrano irreali, come sognate o affiorate dal ricordo di un soggiorno in un mon­do incantato di un tempo lontano. Le case coi loro tetti rossi, che si addossano a verdi colline, sono case deserte: dai loro usci non esce alcuna figura, dalle loro finestre non si affaccia nessu­na testa d'uomo a guardare fuori. Fuori tutto è immobile, im­merso nel silenzio: nulla si muove, né ombra né foglia. Presen­za e assenza si disputano i ruoli di una indefinibile realtà, cui mancano connotati precisi e attendibili.
La scena cambia: l'occhio si posa su gruppi di case con tetti sempre rossi, con candide facciate, con finestre serrate, che di­gradano verso il mare, silenzioso e luminoso in distanza. Si spera di notare nell'abitato qualcosa che si muova o guizzi si fruga con lo sguardo qua e là, a cogliere qualche segno di vita, ma tutto resta immobile, sospeso, come fuori del tempo e della storia. A volte, in una zona isolata, a strapiombo sul mare, una sola casa è circondata da cipressi e da pietre piatte e larghe, di forme diverse, i cui colori variano dal bianco al verde pallido, dal blu scuro al viola sfocato, che sembrano come la casa, (ed anche come l'occhio che guarda) in attesa di qualche evento, un fruscio o un lieve movimento che le scuota e le animi, ma nulla accade e tutto resta invariabilmente statico e muto. Come mute e deserte restano le bianche strade che conducono verso agglomerati in prossimità del mare, o che attraversano un pae­se in un'ora imprecisata del giorno. Ma quale ora e quale gior­no? L'ora e il giorno del tempo della realtà creata in cui presu­mibilmente possono scorrere, come i minuti scanditi dalle lan­cette di un orologio posato su un comodino o una mensola di una camera abitata da uomini reali.
Qui, come nei romanzi di Robbe-Grillet, il fantastico sembra so­praffare il reale fino a scambiare questo reale in puro immagi­nario. Tutto il visivo di queste opere di Savino ha una veste im­maginaria senza che la descrizione permetta di trovare un <si­gnificato>. La sola cosa che abbia importanza è il movimento del fantastico al quale appartiene questa (visione immaginaria» cui accennavamo. Comunque, da tutte queste visioni, proposte con inquadramenti diversi, emerge netta e precisa una volontà di astrazione: siamo in chiara atmosfera metafisica. Savino già sente in sé il bisogno di operare all'espansione della realtà. Co­mincia a prendere coscienza di possedere l'arte di evocare un paesaggio, un «posto,,, un luogo determinato. Suscita un mon­do nuovo in pittura e illumina il vecchio mondo (quello reale) di cui esplicita il significato.
In questi anni Savino non trascura neppure la natura morta, il nudo, il paesaggio con figure: gli oggetti e le figure sono trattati ancora con uno stile post-impressionistico, con tracce di in­fluenza cezanniana, ma già da queste prime prove si evidenzia­no chiari segni di potenzialità ideative e compositive che lo por­teranno più tardi alla conquista dei mezzi linguistici e stilistici della maturità.
La potenza espressiva di queste opere, segnatamente nei nudi, si concentra nella tensione ritmica di poche linee, veloci come un'idea passeggera, un vento.
La figura apparsa seduta, o distesa semisupina, su un fianco, volgendo le spalle a chi guarda, sembra porsi al centro del qua­dro non come immagine autonoma, ma come parte del tutto, come macchia di colore che si unisce ad altra macchia di colo­re, quasi a creare una fusione, una sorta di mimetizzazione.
Fenomeno che si nota anche in un altro quadro particolarmente ritmato, sia sul piano volumetrico che architettonico, dove due figure nude (entrambe sedute, di prospetto, una più in alto, a sinistra, l'altra più in basso, a destra) sembrano perfettamen­te integrarsi all'ambiente, diventare una cosa sola con lo sfon­do roccioso, ravvivato da uno squarcio (presumibile) di cielo o mare. La staticità di queste figure è apparente solo fisicamente e spazialmente: intimamente sembrano isolarsi, astrarsi, sepa­rarsi dal contesto per porsi in una realtà altra, in una atmosfe­ra metafisica più consona al loro essere. Lo stesso discorso può valere per le nature morte, per i loro colori delicati (bianchi, ocra, verdi pallidi, viola sfumati) e le loro ombre, che formano un tutto unico con i piani e gli sfondi: tendono a spiritualizzarsi e ad astrarsi verso migliori latitudini e solitudini.
Nelle opere di quest'epoca chiaramente serpeggia un desiderio di fuga, di esodo, quasi un ritorno verso più solari e peninsulari sponde. Il soggiorno in Calabria è vicino.

IL SOGGIORNO IN CALABRIA

Nel 1969, a vent'anni, con il mestiere già acquisito, Savino si trasferisce in Calabria, a Cerchiare, un bel paesino sorto come fortezza naturale sulla collina del Pollino, che domina la piana di Sibari, e da cui si gode la doppia vista del Mar Jonio e del Mar Tirreno.
Nella pace e nella dolcezza di questo asilo, lontano dai clamori e dagli orrori della metropoli partenopea, Savino ha come una rivelazione luminosa della grandezza della natura. La bellezza dei panorami, ammirati dalla vetta più alta del Dolcedorme, con commozione infinita, acquistano per lui valori spaziali e ideali che sanno d'infinito: la suggestione è tosi forte che diven­ta fascinazione, desiderio intenso di riportare sulla tela, il senso di tale infinito che si colora d'azzurro: l'azzurro diventa il sim­bolo dei pieni e dei vuoti, dell'infinità dei cieli e dei mari, di oriz­zonti e prospettive che non conoscono confini.
Il mondo (e il resto dell'universo) si rivelano realtà incommen­surabili e imperscrutabili al cui cospetto la creatura umana è un essere piccolo e limitato, debole, incerto, in lotta con i suoi drammi quotidiani e con i possenti sconvolgimenti naturali. Un nano contro un gigante. Il ruolo che l'uomo può giocare nei confronti di tali entità gigantesche è praticamente irrilevante: deve limitarsi soltanto a riconoscere la potenza del creato e a celebrarne il misterioso incanto.
Partendo da questo presupposto fondamentale - perno centrale su cui si innerva tutta la tematica pittorica di questo soggiorno calabro, ma anche futura - Savino non ha più dubbi ed esitazio­ni: sa esattamente che cosa deve fare: celebrare, con pochi e do­sati toni, la commovente visione del paesaggio, nel quale la fi­gura si delinea con un certo rilievo plastico-dinamico che evi­denzia le sue opere e le sue vicende nell'alternarsi dei giorni e delle stagioni.

I paesaggi di questo periodo presentano spesso scene marine, con barche in secca, in primo piano, e figure (rimpicciolite) che si muovono ai margini di spiagge deserte e silenziose. Altrove è la figura che campeggia, isolata o in gruppo, su bian­che rotonde o su bianche spiagge, dove lo sfondo si configura come un celeste sipario o un trasparente velo di cristallo e di lu­ce.
Particolare che colpisce molto in questi quadri è l'attitudine contemplativa della figura: colta sempre di spalle, volge lo sguardo all'orizzonte stupita di trovarsi di fronte all'immensi­tà. Nel suo silenzioso guardare probabilmente si interroga sul destino del mondo e della vita. Quando non è ferma, si muove da sola, o in gruppo, lungo immacolate spiagge, con l'occhio ri­volto al mare, simbolo di moto eterno da cui origina ogni civiltà e ogni storia. Cieli e orizzonti contemplati sono solitamente d'un azzurro sereno, o leggermente sfumato di bianco, con rare apparizioni di nuvole, che, nelle loro armoniose forme simula­no stormi di uccelli marini in volo, albatri o gabbiani.
Lo scenario è dominato da un panico silenzio che assorbe e pla­ca ogni alito di vento e di mare, ogni fremito di pietra e di sab­bia. Al silenzio che domina sovrano - diretta emanazione della sovranità dell'azzurro - si contrappone tuttavia il bianco della figura, quasi inconscia proiezione figurale del principio della vi­ta, della nascita, del colore dell'innocenza e del candore. Il bianco, pur se spunta con timida e pudica incidenza, sembra tuttavia far da contraltare all'azzurro: quasi a sostenere che senza l'essenza del bianco la più massiccia essenza dell'azzur­ro non avrebbe ragione d'esistere e assumere l'importanza ca­pitale che ha assunto. Oppure, se esistesse, esisterebbe soltan­to per sé, senza essere identificata e codificata dall'intelligenza umana, perché è l'uomo che si sforza sempre di dare un peso a tutti gli accadimenti della storia, "regno dei fini", celebre definizione kantiana.
Le forme del mondo, i loro splendori, che variano dalla notte al giorno, esprimono un senso e un mistero che l'uomo ricono­sce e rinnova in ogni momento. Il gusto delle tinte sulfuree, opalescenti, dei colori in cui sembra che palpiti l'ultimo riflesso di un fuoco languente, sono realtà che l'uomo accetta e identifi­ca come pure magie dando un valore metamorfico alla sua fan­tasia, alla sua malinconia, alle sue facoltà intellettuali e spiri­tuali, allo sviluppo della sua sensibilità nel corso del ricordo di una lunga serie di emozioni. Si stabilisce una analogia tra un momento della durata dell'io e un momento della durata delle cose. In questa vivente intimità con lo spirito più autentico del­la totalità si rivela qualcosa di più di una semplice sostanza di­namica. La storia è colta (e partecipata) come una presenza eterna nell'intimo della simultaneità totale. Savino nell'uso il­luminato del bianco, del suo ritmo monocromo, proprio questa tesi sostiene con candore d'artista: di ciò bisogna dargli atto e riconoscere che la sua pittura si muove su giuste direttive, con un linguaggio preciso e deciso. Una dichiarazione teorica dell'artista, ce lo attesta inequivocabilmente: «11 bianco, ad esempio, che io amo molto, anche se nella mente mi dovesse apparire accostato al solo nero, lo vedrei vibrare in differenti rapporti di forme e di distanza».
L'essenzialità che egli conferisce ai suoi dipinti ha il pregio di acquistare un senso di marcata panicità, di chiara metafisicità che non delude mai sfociando in monotonia, in sterile ripetitivi­tà cromatica. Ogni tela di questo soggiorno calabro, come in un magico crescendo, denota un rinnovato amore per il mondo ed una fedeltà a quella capacità di: «Dare gioia a chi la fa e a chi la trova fatta», per dirla con altre parole dell'artista.

 

I paesaggi di questo periodo presentano spesso scene marine, con barche in secca, in primo piano, e figure (rimpicciolite) che si muovono ai margini di spiagge deserte e silenziose. Altrove è la figura che campeggia, isolata o in gruppo, su bian­che rotonde o su bianche spiagge, dove lo sfondo si configura come un celeste sipario o un trasparente velo di cristallo e di lu­ce.
Particolare che colpisce molto in questi quadri è l'attitudine contemplativa della figura: colta sempre di spalle, volge lo sguardo all'orizzonte stupita di trovarsi di fronte all'immensi­tà. Nel suo silenzioso guardare probabilmente si interroga sul destino del mondo e della vita. Quando non è ferma, si muove da sola, o in gruppo, lungo immacolate spiagge, con l'occhio ri­volto al mare, simbolo di moto eterno da cui origina ogni civiltà e ogni storia. Cieli e orizzonti contemplati sono solitamente d'un azzurro sereno, o leggermente sfumato di bianco, con rare apparizioni di nuvole, che, nelle loro armoniose forme simula­no stormi di uccelli marini in volo, albatri o gabbiani.
Lo scenario è dominato da un panico silenzio che assorbe e pla­ca ogni alito di vento e di mare, ogni fremito di pietra e di sab­bia. Al silenzio che domina sovrano - diretta emanazione della sovranità dell'azzurro - si contrappone tuttavia il bianco della figura, quasi inconscia proiezione figurale del principio della vi­ta, della nascita, del colore dell'innocenza e del candore. Il bianco, pur se spunta con timida e pudica incidenza, sembra tuttavia far da contraltare all'azzurro: quasi a sostenere che senza l'essenza del bianco la più massiccia essenza dell'azzur­ro non avrebbe ragione d'esistere e assumere l'importanza ca­pitale che ha assunto. Oppure, se esistesse, esisterebbe soltan­to per sé, senza essere identificata e codificata dall'intelligenza umana, perché è l'uomo che si sforza sempre di dare un peso a tutti gli accadimenti della storia, "regno dei fini", celebre definizione kantiana.
Le forme del mondo, i loro splendori, che variano dalla notte al giorno, esprimono un senso e un mistero che l'uomo ricono­sce e rinnova in ogni momento. Il gusto delle tinte sulfuree, opalescenti, dei colori in cui sembra che palpiti l'ultimo riflesso di un fuoco languente, sono realtà che l'uomo accetta e identifi­ca come pure magie dando un valore metamorfico alla sua fan­tasia, alla sua malinconia, alle sue facoltà intellettuali e spiri­tuali, allo sviluppo della sua sensibilità nel corso del ricordo di una lunga serie di emozioni. Si stabilisce una analogia tra un momento della durata dell'io e un momento della durata delle cose. In questa vivente intimità con lo spirito più autentico del­la totalità si rivela qualcosa di più di una semplice sostanza di­namica. La storia è colta (e partecipata) come una presenza eterna nell'intimo della simultaneità totale. Savino nell'uso il­luminato del bianco, del suo ritmo monocromo, proprio questa tesi sostiene con candore d'artista: di ciò bisogna dargli atto e riconoscere che la sua pittura si muove su giuste direttive, con un linguaggio preciso e deciso. Una dichiarazione teorica dell'artista, ce lo attesta inequivocabilmente: «11 bianco, ad esempio, che io amo molto, anche se nella mente mi dovesse apparire accostato al solo nero, lo vedrei vibrare in differenti rapporti di forme e di distanza».
L'essenzialità che egli conferisce ai suoi dipinti ha il pregio di acquistare un senso di marcata panicità, di chiara metafisicità che non delude mai sfociando in monotonia, in sterile ripetitivi­tà cromatica. Ogni tela di questo soggiorno calabro, come in un magico crescendo, denota un rinnovato amore per il mondo ed una fedeltà a quella capacità di: «Dare gioia a chi la fa e a chi la trova fatta», per dirla con altre parole dell'artista.
La serenità compositiva di questi anni, permeata di una sottile vena di malinconia, cede tuttavia il posto ad un momento di esasperazione e desolazione: le belle e sognanti visioni del pae­saggio mediterraneo, non sono più contemplate e ammirate in libertà e in piena luce, ma dietro geometrici riquadri di finestre, che hanno tutta l'aria di grate di una prigione. L'artista avverte il peso di una condizione di confinato che lo rattrista e angu­stia: il mondo, pur non perdendo nulla del suo magico splendo­re, è visto a scacchi, con l'occhio del recluso; e con un sapore di lontananza e di leggera indifferenza. A questo momento di crisi passeggera, va aggiunto anche il momento delle nere sagome di cactus e fichi d'India (sorgenti anche dal desolato paesaggio eliotiano de Gli uomini vuoti - terra dei morti), che, in inquie­tanti primi piani, si ergono dall'arido suolo ad oscurare il nitore di spiagge e di paesi abbarbicati sulle colline.
Ombre minacciose che presto svaniscono come nubi traspor­tate dal vento. Con la ritrovata pace interiore e la gioia di vivere e dipingere, Savino ritorna a dare al paesaggio la smagliante lu­minosità da cammeo inciso, con le "sorprese" visioni di cieli e di mari azzurri. Il paesaggio tuttavia è colto, ora, in varie altre angolazioni e collocazioni visive. È la fase di bianche case di paese che affiorano dal raccolto silenzio di una valle, che si pro­filano davanti alla linea dell'orizzonte, che si stendono in com­patta fuga lungo rocciose coste battute da venti e da marosi.
La figura è per lo più assente: la sua assenza non nuoce alla compostezza e alla calma nitidezza del paesaggio su cui sem­bra posare una patina di atemporalità che sorprende a affasci­na.
A volte di gruppi di case che si distendono quasi a festone, nello spazio ordinato del paesaggio, di fronte al mare, si vedono i bu­chi neri di ingressi e finestre.
Le stesse aperture all'esterno si erano notate anche in altre co­struzioni di opere precedenti. Segni che provano la presenza umana, il cammino della civiltà. Quando questi segni sono as I paesaggi di questo periodo presentano spesso scene marine, con barche in secca, in primo piano, e figure (rimpicciolite) che si muovono ai margini di spiagge deserte e silenziose. Altrove è la figura che campeggia, isolata o in gruppo, su bian­che rotonde o su bianche spiagge, dove lo sfondo si configura come un celeste sipario o un trasparente velo di cristallo e di lu­ce.
Particolare che colpisce molto in questi quadri è l'attitudine contemplativa della figura: colta sempre di spalle, volge lo sguardo all'orizzonte stupita di trovarsi di fronte all'immensi­tà. Nel suo silenzioso guardare probabilmente si interroga sul destino del mondo e della vita. Quando non è ferma, si muove da sola, o in gruppo, lungo immacolate spiagge, con l'occhio ri­volto al mare, simbolo di moto eterno da cui origina ogni civiltà e ogni storia. Cieli e orizzonti contemplati sono solitamente d'un azzurro sereno, o leggermente sfumato di bianco, con rare apparizioni di nuvole, che, nelle loro armoniose forme simula­no stormi di uccelli marini in volo, albatri o gabbiani.
Lo scenario è dominato da un panico silenzio che assorbe e pla­ca ogni alito di vento e di mare, ogni fremito di pietra e di sab­bia. Al silenzio che domina sovrano - diretta emanazione della sovranità dell'azzurro - si contrappone tuttavia il bianco della figura, quasi inconscia proiezione figurale del principio della vi­ta, della nascita, del colore dell'innocenza e del candore. Il bianco, pur se spunta con timida e pudica incidenza, sembra tuttavia far da contraltare all'azzurro: quasi a sostenere che senza l'essenza del bianco la più massiccia essenza dell'azzur­ro non avrebbe ragione d'esistere e assumere l'importanza ca­pitale che ha assunto. Oppure, se esistesse, esisterebbe soltan­to per sè, senza essere identificata e codificata dall'intelligenza umana, perché è l'uomo che si sforza sempre di dare un peso a tutti gli accadimenti della storia, "regno dei fini", celebre definizione kantiana.
Le forme del mondo, i loro splendori, che variano dalla notte al giorno, esprimono un senso e un mistero che l'uomo ricono­sce e rinnova in ogni momento. Il gusto delle tinte sulfuree, opalescenti, dei colori in cui sembra che palpiti l'ultimo riflesso di un fuoco languente, sono realtà che l'uomo accetta e identifi­ca come pure magie dando un valore metamorfico alla sua fan­tasia, alla sua malinconia, alle sue facoltà intellettuali e spiri­tuali, allo sviluppo della sua sensibilità nel corso del ricordo di senti
una lunga serie di emozioni. Si stabilisce una analogia tra un momento della durata dell'io e un momento della durata delle cose. In questa vivente intimità con lo spirito più autentico del­la totalità si rivela qualcosa di più di una semplice sostanza di­namica. La storia è colta (e partecipata) come una presenza eterna nell'intimo della simultaneità totale. Savino nell'uso il­luminato del bianco, del suo ritmo monocromo, proprio questa tesi sostiene con candore d'artista: di ciò bisogna dargli atto e riconoscere che la sua pittura si muove su giuste direttive, con un linguaggio preciso e deciso. Una dichiarazione teorica dell'artista, ce lo attesta inequivocabilmente: «11 bianco, ad esempio, che io amo molto, anche se nella mente mi dovesse apparire accostato al solo nero, lo vedrei vibrare in differenti rapporti di forme e di distanza».
L'essenzialità che egli conferisce ai suoi dipinti ha il pregio di acquistare un senso di marcata panicità, di chiara metafisicità che non delude mai sfociando in monotonia, in sterile ripetitivi­tà cromatica. Ogni tela di questo soggiorno calabro, come in un magico crescendo, denota un rinnovato amore per il mondo ed una fedeltà a quella capacità di: «Dare gioia a chi la fa e a chi la trova fatta», per dirla con altre parole dell'artista.
La serenità compositiva di questi anni, permeata di una sottile vena di malinconia, cede tuttavia il posto ad un momento di esasperazione e desolazione: le belle e sognanti visioni del pae­saggio mediterraneo, non sono più contemplate e ammirate in libertà e in piena luce, ma dietro geometrici riquadri di finestre, che hanno tutta l'aria di grate di una prigione. L'artista avverte il peso di una condizione di confinato che lo rattrista e angu­stia: il mondo, pur non perdendo nulla del suo magico splendo­re, è visto a scacchi, con l'occhio del recluso; e con un sapore di lontananza e di leggera indifferenza. A questo momento di crisi passeggera, va aggiunto anche il momento delle nere sagome di cactus e fichi d'India (sorgenti anche dal desolato paesaggio eliotiano de Gli uomini vuoti - terra dei morti), che, in inquie­tanti primi piani, si ergono dall'arido suolo ad oscurare il nitore di spiagge e di paesi abbarbicati sulle colline.
Ombre minacciose che presto svaniscono come nubi traspor­tate dal vento. Con la ritrovata pace interiore e la gioia di vivere e dipingere, Savino ritorna a dare al paesaggio la smagliante lu­minosità da cammeo inciso, con le "sorprese" visioni di cieli e di mari azzurri. Il paesaggio tuttavia è colto, ora, in varie altre angolazioni e collocazioni visive. È la fase di bianche case di paese che affiorano dal raccolto silenzio di una valle, che si pro­filano davanti alla linea dell'orizzonte, che si stendono in com­patta fuga lungo rocciose coste battute da venti e da marosi.
La figura è per lo più assente: la sua assenza non nuoce alla compostezza e alla calma nitidezza del paesaggio su cui sem­bra posare una patina di atemporalità che sorprende a affasci­na.
A volte di gruppi di case che si distendono quasi a festone, nello spazio ordinato del paesaggio, di fronte al mare, si vedono i bu­chi neri di ingressi e finestre.
Le stesse aperture all'esterno si erano notate anche in altre co­struzioni di opere precedenti. Segni che provano la presenza umana, il cammino della civiltà. Quando questi segni sono assenti è assente anche la figura e il soggetto si uniforma e si integra alla natura sottostante. Effetto ottico- pittorico di questo tipo lo troviamo in molti quadri di questo fertile momento. In un quadro si vede una massa compatta di case, in forma di prua, come formazione di stormi di uccelli in volo, che si dirige(che fugge quasi, si direbbe)verso altre frontiere e destini.
O soltanto accennata, o simulata, o mascherata, in tutti i paesaggi di Savino si precisa l’idea fissa dell’evasione e della fuga, preme segretamente l’ansia di uno sconfinamento e superamento insieme di tutte le barriere del visibile. Che cosa c’è al di là del visibile? Altro visibile o invisibile? Quesito che sembra turbare e rendere inquieto e nomade lo spirito dell’artista che non trova pace e una dimora stabile su nessuna riva e in nessun porto.

Il soggiorno in Calabria volge al termine. Savino si prepara al ritorno in Campania. Ma la sosta nell’eremo di Cerchiara(dolce pronuncia di un nome circolare),tra le azzurre rocce e le ricurve spiagge, e l’odore marino e il volo dei pivieri, e il profumo del biancospino e del caprifoglio, lascia delle radici profonde. Un legame è nato con questa terra incantata, aspra e vergine ancora in alcune zone, e resta saldamente vivo: e con esso il desiderio di “tornare verso questi luoghi ove l’albero fiorisce e sgorga la sorgente” come è stupendamente detto da Eliot in “Mercoledì delle ceneri:”

IL RITORNO IN CAMPANIA

L'artista che ritorna in Campania, a Giugliano, sua città natale, è un'artista che può guardare al paesaggio con un occhio più maturo e sicuro, cosciente di poterlo riprodurre con una mag­giore concisione e con una combinazione di toni sempre più ar­moniosamente gradati ad una precisa invenzione. Savino os­serva e pensa: il progetto di una nuova tela è meditato e vaglia­to in tutte le sue difficoltà e particolarità e, una volta approvato, si mette all'opera. Il paesaggio, con le prime pennellate, inco­mincia ad assumere una fisionomia, prende corpo gradata­mente, si precisa, palpita e splende, alla fine, come una visione evocata; l'esaltazione calma che ci procura non è altro che «una ebbrezza della ragione».
Come Valery, per certi aspetti, Savino sa rendere l'astrazione fascinosa. E se l'emozione si sprigiona dalla struttura stessa dell'opera creata, si può credere che egli è sorprendente nella misura in cui, a disprezzo del suo sistema, lascia che le sue , musiche cromatiche,, ci aprano le porte dell'infinito. Il suo creare è dettato dall'idea, ma anche dalla natura di un oscuro embrione fantastico che assume a poco a poco la forma e il lin­guaggio del quadro.
Dalla Calabria ha portato con sé un prezioso tesoro, uno scri­gno colmo di ricordi, impressioni ed emozioni che nell'intimità del suo studio apre spesso per cogliere una immagine che pre­siede ad ogni nuova tela. In tal modo opera seguendo una trac­cia anteriore, calando in un modello prestabilito la sostanza del suo genio personale, anche perché i temi paesaggistici sono ric­chi di significati esoterici che trasmettono fino a noi i simboli di una umanità primitiva o di una saggezza dimentica. Con la let­tura e l'esperienza della vita, certi ricordi sono carichi del calo­re e della preziosità di emozioni tutelari. Negli occhi di Savino e nell'atmosfera metafisica dei suoi quadri, la presenza della cultura  della Magna Grecia sembra essere ancora viva nel colore del mare, in ogni tratto si spiaggia, in ogni anfratto roccioso, in ogni ondeggiare di siepe e di arbusto; è viva e allusiva persino nelle sue figure, personaggi da tragedia greca che si muovono come una eco (o ombra) del passato catturata con spirito no­stalgico o onirico. Fluido di una storia, di una memoria che si avvicina a quella che Proust chiama «sensazione-ricordo», e che permette a Savino di recuperare, il sentimento provato un tempo come se il suo passato fosse raccolto nell'oggetto o nell'avve­nimento che incorpora, per trasmutazione del ricordo in una realtà direttamente sentita». E non potrebbe essere diversa­mente, perché la realtà pittorica che egli porta sulle tele degli anni 80 è ravvivata e popolata dalla malia della scenografia ca­labra: tale malia, tuttavia, evitando il rischio di arenarsi nelle secche di una oleografia d'usura, è da Savino abilmente filtrata e sfruttata per dare un valore di universalità ai suoi paesaggi. In questi si vede e si «sente» che miti e climi calabri vivono come poetici rimandi, come palpiti di stelle, ma si coglie anche come la prefigurazione di un mondo futuro che non perde l'azzurro dei cieli e dei mari, i cui riflessi di luce rendono azzurri anche i colori delle spiagge e dei monti e di tutte le terre emerse.
È un sogno, una speranza, un fiducioso guardare all'avvenire, agli evi futuri e ai millenni, che si vestono d'un alone metafisi­co. Serenante è lo spettacolo del mondo offerto da Savino fino al punto da assumere un timbro e un carattere sempre più personali (ed universali) ad un tempo.
Il ritmo e la magia che scandiscono le sue «sequenze pittoriche), si fanno pagine aperte di un dialogo con l'aria e la luce, con il vento e la torre, con l'onda e la scogliera, con l'ombra e il silen­zio, approdi sereni dell'intelligenza e del cuore, che si allonta­nano nauseati dall'aridità e dalla futilità della vita contemporanea. Quasi come se la contemplazione del creato rispecchiasse il senso bellissimo delle parole di Eliot quando afferma che la nostra vita, «scontenta del presente, rattristata dal passato, è fatta per gustare l'eternità». Il ritmo (già dato e che continua a dare, con un caratteristico segno ondulato), alle dimensioni dell'ambiente naturale, a spiagge, a strade illuminate da una luce abbacinante che corrono all'infinito, come ponti gettati sul futuro, si fá più persuasivo, più incisivo e più incalzante. Pulsio­ne dovuta anche alla intersecazione e alla moltiplicazione dei piani da cui si ricavano effetti particolari di luce e di ombre, di pause di silenzio e di ascolto.
La linearità sinuosa del ritmo percorre e struttura forme preci­se, decise, nitide. Baudelaire ha mostrato «che il ritmo e la rima rispondono al bisogno intramontabile dell'uomo di uniformità, di simmetria e di sorpresa». Bisogno vivo anche nelle opere sa­viniane, le quali, proprio in virtù di queste ritmate e modulazion­i , riescono ad assumere una peculiare intonazione poetica ed una perfezione di esecuzione che le distingue per la loro artisti­cità.
Nel frattempo particolari nuovi si sono inseriti nei paesaggi: fu­ni i e pali telefonici. Le funi appaiono, ora abbandonate tra il ci­glio e la strada, ora legate a bitte di moli e banchine, mentre i pali telefonici corrono lunghe strade immacolate, o s'inerpica­no per il dorso roccioso di un monte. Inserimento in sottotono è anche quello dei fiori dell'agave, forme scure e sottili, sbilen­che, che sembrano affiorare dalla terra come lunghi aculei pun­tati contro il cielo. Una domanda sorge spontanea: i nuovi ele­menti sono stati aggiunti per rendere meno opprimente la mo­notonia paesaggistica, fatta abitualmente di strade che corrono  attraverso una regione disseminata di colline sulle cui cime ba­luginano le bianche resse di paesi? No, i nuovi elementi sem­brano essere sorti spontanei e naturali e la loro comparsa non esercita nessuna azione di disturbo. Non sono ne dei riempitivi, ne degli accorgimenti formali per dare un assetto di maggiore novità. La loro fantastica «naturalezza» è accettata gradevol­mente,  perché si scopre in essi un simbolo di vitalità e di dinamicità, l’inarrestabile marcia del progresso, la necessità di trasmettere e ricevere notizie, di sostare e meditare, di partire e ritornare, di percorrere, in una parola, il periplo dell’infinito.  Si direbbe che Savino, nella sua scia dei maestri della filosofia Zen( che introducono alla conoscenza dello spirito delle cose con la menzione di semplici oggetti, un fiore, una ciotola, un sasso,) faccia altrettanto con un palo, una fune, un fiore. Immagini che rimandano a un albero, una nave, un giardino, e, per successione analogica, alla costituzione del resto del mondo e dell’universo.  Chi guarda dall’alto, come Savino ha fatto, l’orizzonte senza fine, là dove il cielo e il mare si fondono in un'unica linea, sa che per scoprire l’infinito e il suo mistero bisogna guardare con l’occhio incantato di un fanciullo, con il suo cuore puro. Contemplazione e concentrazione della mente nell’affrontare i fatti, anche minori della vita, sono i punti fondamentali della poetica di Sa­vino (e anche quelli dello Zen e di ogni insegnamento segreto). Quando Savino afferma che, o«gni quadro quando nasce, nasce con un suo colore», egli formula un postulato filosofico (e teori­co) di portata cosmica. Affermazione resa con parole semplici, ma in queste parole semplici sono racchiusi millenni e millenni di scienza e di sapienza.

LA PITTURA INFINITA

Una pittura che addita e invita esplicitamente al senso dell'infi­nito, come quella di Savino, fa pensare alle risorse infinite della pittura. Che cos'è la pittura? La pittura è un arte in grado di rappresentare un universo in tutti i suoi multiformi aspetti. Di questi ne coglie i significati e le qualità estetiche unicamente dal gioco di linee, forme e colori armonizzati nella composizio­ne, senza alcun ricorso alla realtà concreta di cui può fare a me­no.
Quando effettivamente fornisce le prove delle sue possibilità e capacità realizzatine, allora ha pienamente assolto al compito per cui è stata creata. Non sembri ovvio e scontato il nostro in­terrogativo sulla pittura.
Chi si interroga sui fini della pittura, e su tutti gli enigmi della vita, fa sempre una cosa importante: pensa. E, pensando, crea. Wittgenstein sostiene, e a ragione, che si può stendere un trat­tato filosofico con una serie di perché. Ai problemi della pittura hanno pensato i più grandi artisti dell'umanità: ci ha pensato anche Kandinsky quando, abbandonata gradatamente la figu­razione, si convinse che la pittura, al pari della musica (che Wa­gner ritiene arte regina in cui confluiscono tutte le altre arti), di­spone di mezzi propri e tali da permettere d'immaginare, come osserva Doelman, «un mondo puramente pittorico, un mondo che scopre i suoi oggetti in se stesso e, una volta scopertili, pro­cede alla creazione artistica».
Della pittura (che a noi piace immaginare infinita, a dispetto di ogni nuovo epitaffio o necrologio che per le si conia) si è servito, least but not last, anche Savino, che, dalla sua« infìnità» ha sa­puto trarre l'energia sufficiente per ad una creazione persona­lissima di grande suggestione

            Giuseppe Bilotta
in occasione  della pubblicazione della monografia su Savino

 

IL COLORE "PERSONAGGIO"
NELLA PITTURA DI MIMMO SAVINO          
1 -  Il chiaro segno con cui un artista annuncia che il suo sarà un buon giorno per l'arte è una piccola stellina che si deve vedere anche alla luce del sole. Magari non tutti che guardano il qua­dro, leggono la poesia, salgono o girano intorno al palazzo o passano sul ponte, non tutto il prossimo saprà accorgersi di quella piccola stella nuova. Per distrazione interiore, per diver­sità di conformazione la presenza di un pittore, di un poeta, di un architetto o di qualsiasi altro portatore d'arte, di qualsiasi arte, non può essere captata da ognuno. Poi ci sono gli abbagli sulle false stelline, i falsi artisti. Ma individuato il punto focale di questa presenza, e stabilito il suo angolo di lucentezza, allora la presenza di questo artista nella nostra vita si impone, come spontanea. Non cancellabile. Perciò di un artista e su un artista bisogna tentare di scoprire e rendersi conto se in lui, anzi se lui stesso è questa stellina. Il grande dono lo ha Mimmo Savino? I suoi quadri stanno affrontando alcune mostre che per l'artista trentenne dovrebbero stabilire se lui esiste o non esiste nella giovane arte italiana. Con l'umiltà necessaria e con gli occhi spalancati e pronti allo stupore (due condizioni preliminari per incontrare l'arte) cerchiamo di vedere, insieme, se la stellina dell'arte trema, quindi, vive, nei quadri di Mimmo Savino.
2 – Nato nella provincia napoletana meno legata alle leggende faci­li, su quel mondo ch'è Napoli. Nello stesso tempo partecipante della tensione umana che a Napoli investe persino le fibre del paesaggio più ovvio, così che Napoli può essere clima adatto a provocare il dramma della "Ginestra" di Giacomo Leopardi e nello stesso tempo, con la stessa potenzialità di scavo suoni co­me, per fare un esempio, quelli di "Torna a Sorrento".
Tutte le sfere del dualismo, cioè sono possibili, variabilmente verificabili in quell'atmosfera vitale. Mimmo Savino con la sua pittura ha radici in questa esistenza. Dramma e tenerezza sono sospesi sui suoi quadri. E gli azzurri cupi inabissati a contatto di rilievi ottenuti con bianchi che non sono il vuoto, ma un bianco esistente plasticamente basterebbero, questi azzurri e questo modo di usare l'azzurro, a raccontarci la storia di Mimmo Savino. E documentarne la consistenza, come possibilità di resa artistica. La prima lettura dei quadri di Mimmo Savino offre la strada per la chiave definitiva: vivere nel dramma umano ma esserne, simultaneamente, la bellezza con la conseguente commozione di esistere.
3 - Mimmo Savino e portato, per sua positiva natura, a scendere dentro i dualismi, approfondirne le fondamenta, per poter cosi ed il fine dell'arte, come di ogni altra meditazione o invenzione  dell'uomo - giungere ed esprimere l'unità, al fondo, su cui pog-giano gli uomini e le cose, i tempi e gli spazi. E con queste cose anche le opere d”arte. Certi avvenimenti casuali, nella nostra vita, fanno parte di un logico giro connesso alla nostra qualità umana. Potremmo a questo fenomeno dare diversi nomi: destino, predisposizione, essere nati per una data vita. Non cambia nulla. Il fatto e che Mimmo Savino dal Mare-luce del Tirreno e passato, nella sua necessità pratica di uomo, a vivere, amare e quindi anche dipingere sulla sponda opposta dello Jonio. Che differenza fa, o quale elemento porta, questo fattore di doppio ed opposto (torna il dualismo) ambiente, in una pittura? Gli amanti dei viaggi e dell'antichità mediterranea hanno un paragone a portata di occhi. Esiste una differenza, mettiamo tra la colonna del tempio greco di Era, sulla spiaggia jonica di Crotone, e le colonne dei templi di Paestum, che vivono nella luce tirrenica? Se riusciamo a fondere nella nostra intuizione le due luci, dopo avere appreso con la ragione che la matrice pratica e di ispirazione [l'arte greca di innalzare un tempio alla divinità) e unica, allora noi possiamo respirare il respiro dei due tempi in una unità, stupenda. Scopriamo, e per questo ci rallegriamo sino alla gioia che provoca l'arte, di trovarci dinanzi ad una unità, ottenuta da due situazioni. I quadri di Mimmo Savino, che fisicamente, cioè nel materiale ottico, appartengono [almeno in questa serie della mostra) all'esperienza jonica hanno nella loro struttura la fusione di questa doppia situazione di partenza: essere di dove il sole tramonta, e averlo scoperto il sole, quando si era bambini, come una luce che tramonta, ma essere poi anche diventato uomo di una terra dove il sole nasce. Per un pittore, queste situazioni di personale educazione alla luce nelle sue rotazioni è essenziale. Mimmo Savino ha assorbito un tale concreto elemento della sua vita, e, questo conta, lo ha trascritto nella sua azione di pittore. -
4 - Gli azzurri e il bianco si stratificano ad ondate nei quadri di Mimmo Savino, al limite avendo sempre il dramma della fine. La morte, come attesa e fulmine provocatore della stessa vita, e presenza Vigilante nei quadri di Mimmo Savino. Una presenza ottenuta con il colore. Ci avviciniamo, cosi a stabilire, più vicino possibile, i toni di lettura dei quadri di Savino e ad avere nelle mani la stellina-chiave per sapere se ci troviamo, come ci troviamo, dinanzi a ad un pittore senz'altro tale, nato ed educato. E perciò aperto a ogni sorpresa a venire. Che colore potrà avere la morte? Ci sono il convenzionale nero ed il possibile viola. Ogni colore può però essere una freccia ad indicare anche la vita. Oppure un fiore ad indicare che li si apre il buio (ma è davvero buio?) della morte. Personaggi dei quadri di Mimmo Savino hanno figuratività divisa tra il bianco ed il nero. Ma l'alto segno che Mimmo Savino sa esprimere, per completare il suo narrare lirico dipingendo, come indicazione della fine di ogni realtà, `e un "suo colore adattato a questo significato. De-riva da una considerazione poetica e, insieme, da osservazione sul ciclo stagionale. Mimmo Savino, con i blù diversamente graduati , sino al tuffo nel bianco, attanaglia (ma con estrema delicatezza, rimanendo il pittore radicatamente legato a una matrice di poesia come commozione e tenerezza] chi vede i suoi quadri, e li rivede, e alla fine li accetta come opera di un pittore valido con il colore delle foglie che muoiono. Ho scritto apposta una “frase poetica”, abusata, perché elementare e lo scatto, e per  questo genuino, che spinge Mimmo Savino a questa operazione, che completa il suo intervento di colori sul quadro.

5 -Bisogna spiegarsi. Ogni quadro di Savino ha essenzialmente blù e bianchi, da cui derivano verdi, neri, grigi di diversa densità. Terzo colore, collante è il rosso. Egli parte, per arrivare al dramma che il rosso sa esprimere, da puntate gialle. Tuttavia, il rosso di Mimmo Savino trova il suo momento di fusione maggiore, sino a diventare linguaggio, quando offre allo squillo degli azzurri, dei bianchi e degli intermedi verdi, un colpo di arresto con suggestivi toni autunnali. Indichiamoli, genericamente, in marroni, o toni bruciati. In Mimmo Savino queste intonazioni servono a due scopi. Arrestano il pericolo retorico dei colori squillanti di lucentezza. Fanno ripiegare il visitatore del quadro su se stesso, portandolo alla realtà della sua malinconia. Ogni persona ha una sua malinconia. Ha in se stesso il traguardo del tramonto, Mimmo Savino glielo ricorda. Col colore.
6 -Una particolarità di questo artista è il suo affannarsi nella ricerca mentale delle scene da rappresentare. Gli archi del mare, quasi sempre lo Jonio di Sibari, gli danno possibilità di fondali miracolosamente puri. Però restando a quegli archi, che trovano una rispondenza nelle curvature dei monti e degli orizzonti di fronte al mare Jonio, dove dipinge, Mimmo Savino al massimo riuscirebbe a darci presupposti scenografici. Ancora: utilizzando memorie e leggende, cultura e immaginazione, Mimmo Savino spesso popola il suo quadro di persone e movimenti che potrebbero trovare antenati in letture metafisiche, restando nell'arte moderna, o anche nella tentazione di sentirsi greco dinanzi  al mare greco. Questi ed altri pretesti di partenza per il quadro, che pur rallegrano l'opera e le danno la nota esterna di commozione, non solo la qualità propria dell'artista: che rimane, si ripete, affidata all'uso del colore alla fusione che egli sa fare e ottenere. Elogio, questo, per un pittore. Anche perché nel caso di Mimmo Savino, è proprio per il colore a. cui paesaggio, persone, pretesti occasionali e ambientali servono da fissaggio riesce ad accostarsi, con consapevolezza, alle situazioni astratte a cui l'arte, come supremo compito, arriva rimanendo realtà dell'uomo.
7. -Proprio lo sviluppo di funzione del paesaggio, nei quadri di Mimmo Savino, a chi scrive questa testimonianza ha dato la prova di trovarci dinanzi ad un pittore che merita, vuole l'attenzione. Ci troviamo dinanzi a centomila e centomila pittori, centomila e centomila che scrivono versi, li cantano. Tutti artisti? Impossibile. Perciò questo sapere imporsi all'attenzione è raro fenomeno nella società culturale di oggi. Bisogna, certo, vedere, come e per che cosa ci si impone. Mimmo Savino, da pittore che pensa sulla propria ispirazione, ha dato una spinta evolutiva alla presenza del paesaggio nel suo quadro. Proprio i suoi quadri della giovinezza splendida ma matura, i trent'anni, offrono una novità nella paesaggistica di Savino. I fichi d'india sono la tradizione e insieme la realtà del sud. Mimmo Savino però ha operato, sulla tela, una sua operazione geometrica di divisione a sbarre della luce, accanto alla tradizione dei fichi d'India. Ansia di geometria e quindi di ordine nell'esistenza. Denuncia ideologica della libertà in pericolo. Le sbarre del carcere, ch'e la vita. La necessità di dividersi nell'unità. Essere individuo e umanità. Possiamo continuare, e tutto potrebbe rispondere al significato del quadro, ch'è sempre polivalente. Ma qui conta la constatazione di trovarci dinanzi a ad un pittore che è assalito dal dubbio sulla sua funzione del paesaggio nella sua schematica presenza, e tenta soluzioni. Ed è, questo l'artista: Mimmo Savino appare consapevole che la pittura diventa automaticamente operazione di significati a catena solo e quando l'artista ha capito che tutto il mistero e la potenza determinante di situazioni è nel quadro stesso, fatto di colori e spazi. Mimmo Savino, partito dalle curve spontanee dei suoi mari opposti e uni, ha capito che occorreva tentare. E che l'artista è tentazione continua verso il regno dell'invenzione. Nato, Mimmo Savino, con la capacità di sapere ed attuare sul quadro la lingua spontanea del colore, ha affrontato l'avventurosa conquista del regno degli spazi sul quadro, cosi piccolo nella sua tela da incorniciare. Ch'è la più bella avventura possibile per un artista.
Per tentarla ci vuole la stellina.
8.
Mimmo Savino e giovane. Chi testimonia affettuosamente per questo suo giro di mostre augura a se stesso la possibilità di poter un giorno scrivere questo ottavo paragrafo, rimasto quasi in bianco, per ritestimoniare per questo pittore dopo aver appreso dai successivi cicli di suoi quadri che la stellina c’e davvero. L'arte abbaglia ed ha bisogno delle controprove. Savino ha mezzi per controprovare la sua realtà d'artista.
Roma, 11 marzo 1979  Giuseppe Selvaggi

SAVINO 1984
1
.“ Dove e come nasce la pittura di Mimmo Savino? C'é una pancia mentale in ogni opera d’artista. Un segno genetico: scatta nell'interiore dell'artista, spesso inconsapevole del processo, e quindi scatta sull'opera. Per il pittore c’è una connaturazione con l'ambientazione visiva, che a volte può essere ristretta ad un particolare tanto semplice da sfuggire alla osservazione parallela dell'opera e del paesaggio in cui questa e nata. La grande scultura funeraria etrusca, ad esempio, rimodella nelle pose orizzontali dei personaggi le curve delle colline etrusche. Lo scatto del rapporto tra prodotto dell'artista e la sua nascita al mondo della conoscenza visiva è. quasi sempre legato al paesaggio nativo. Gli occhi del pittore si formano dinanzi a ciò che vede arrivando alla conoscenza della luce. Ma ci sono rinascite: seconde nascite che, ed e cosi per Mimmo Savino, hanno la carica creativa e determinante di un nuovo proprio Natale, della vita e dell'arte.
2.
Vorrei dedicare questi dieci minuti di attenzione collettiva dinanzi ai quadri di Mimmo Savino ai ragazzi di Cerchiara, in Calabria, per un' fresco gioco quasi di danza visiva tra i quadri di Mimmo Savino e la terra dove, per quell'innesto misterioso che chiamiamo “ispirazione”, questi quadri sono nati. Il pittore nasce mentre vede la luce, nasce alla realtà mentre prende conoscenza visiva delle cose, perché la sua matrice interiore è visi-va. C'è un esempio luminoso, perché evidente, nella storia dell'arte di questo secolo. Umberto Boccioni nasce alla pittura dove ha aperto gli occhi, nella frantumazione solare in movimento continuo com'e la luce sullo Stretto di Messina. Boccioni non è di matrice materna e paterna meridionale, perché e nato a Reggio Calabria da emigrati temporanei. Ma la sua infanzia visiva ha permesso all'artista di vedere l'universo nella maniera per cui Boccioni è innovatore nell'arte. La pittura nasce quindi nascendo l'autore. Mimmo Savino però non e nato a Cerchiara. Siamo nel caso di una seconda nascita alla visione delle cose.
3.
Savino era alla ricerca di una sua forma, in cui contenere e distinguere il suo mondo di pittore. Voleva una sigla, quantomeno. Voleva una “firma” automatica per ogni suo quadro. Dove, come inventarla, e tale che fosse spontanea, quindi, poetica provocatrice di commozione e non di artificio?
4.
Cerchiara, seconda patria visiva di Mimmo Savino, ha donato questa “firma” al “suo” pittore. Al quale rimane il segno perenne del suo vero paese nativo di Campania, bollente di sentimento. Cioè Mimmo Savino è e rimane un artista di cielo e mare e sensi della sua terra. I suoi azzurri, ad esempio. Ma l’azzurro è già nel tubetto pronto per la tela. È operazione immediata usare l’azzurro per chi è nato a Giugliano. Il nostro problema e di individuare ed analizzare la seconda radice cifra di Savino, che lo fa individuare tra i pittori d'oggi, con una sua sigla quasi musicale d'artista. La sigla è Cerchiara .Guardiamo insieme il paesaggio che ci circonda qui a Cerchiara. È di roccia stratificata. Nel possesso visivo, vivendo, come incidenza fuori dalla norma (cielo, mare, verdi e terra della natura) rimane questa diversità. Le montagne sono spaccate e mostrano nudi stratificazioni ad onde. Tutte le montagne come tutta la terra è stratificazione. Qui é paesaggio-spettacolo. Gli strati sono spaccati orizzontali, a moduli serenamente ondulati. Che però danno anche vertigini di dramma. Nulla di strano, certo. solo la natura del paesaggio cerchiarese. In che consiste il legame con la pittura di Savino, per cui questa si esalta e si distingue?
5.
Savino ha intuito, con lucida presa di coscienza, che in questa montagna, nelle sue gigantesche vene di pietra, scoperte, poteva identificarsi la cifra musicale-visiva per marchiare come propria la sua pittura. Queste pietre non erano il proprio dialetto visivo, di Giugliano. Non erano la matrice genetica della nativa fanciullezza. Solo una seconda nascita poteva operare questa acquisizione. L’occasione più opportuna e spontanea avviene, e cosi é stato per il pittore Savino, nella stagione del proprio innamoramento decisivo, fecondante l'esistenza, Mimmo Savino venendo a Cerchiara, rinnovando la sua esistenza attraverso il rinnovo della sua vita, ha acquisito la capacità di scatto che lo ha fatto artista distinguibile si usa dire con un suo “modo” di dipingere e di mostrare il mondo. Il possesso della donna amata ha operato anche il possesso del paesaggio in cui è nata la donna amata. Ecco la seconda nascita nell'amore, e per l'amore. È come una trasposizione genetica. Ma tutto sarebbe rimasto traccia esterna di paesaggio se l'acquisizione, come proprio, del secondo paesaggio nativo non avesse trovato la capacità emozionale nell’artista di farne momento di scatto perla propria arte.
6.
La validità di Mimmo Savino è in questo incontro: un dato biografico come il soggiorno amoroso nella seconda patria, in cui includere ed esaltare quella nativa (pur sempre meridionale); una attesa d'artista per afferrare l'occasione dello scatto. Questa capacità di Mimmo Savino di ottenere da questo incontro una realtà unitaria nuova e poetica è la prova di validità di questo artista. Il paesaggio più bello, la cosa più bella del mondo mai potranno provocare arte e bellezza e brivido d'opera se non c'é nell'artista la capacita di operare l'estrazione dal profondo di questo fenomeno. Per Mimmo Savino in sostanza il paesaggio cerchiarese, amato e scavato con lo sguardo perché connaturato al proprio amore di uomo per donna, è stato misterioso strumento per ritrovare ciò che in lui era già.  Savino e artista in quanto ha la capacità di ricerca di forme, e questa capacità gli ha fatto adattare e tradurre in poetica per la sua pittura la tipica ondulazione di linee e colori nei quadri migliori, molti. Non esistono forme determinate dall’artista. In nessuno. Nemmeno nei massimi vertici di creazione artistica. Esiste il modo poetico di trasferire in arte una realtà assimilata con; gioia. Questo è avvenuto per Savino.
Giuseppe Selvaggi
Adattamento di una conversazione tenuta a Cerchiara di Calabria il 13 agosto 1984 per un “omaggio alla pittura di Mimmo Savino”
POSTSCRIPTUM PER SAVINO 1986
La ripresa di un testo per catalogo e di un intervento parlato sul pittore Mimmo Savino pone, a chi analizza situazioni dell'arte contemporanea nei suoi rapidi mutamenti, una questione di coscienza culturale: cosa rimane di valido, dopo qualche anno, nelle affermazioni e valutazioni riguardanti l'artista Savino? Conferma o rientro di giudizi ed attese? Mentre la città nativa del pittore offre questa antologia di opere che dovrà darci un ritratto completo del suo figlio”, potrebbe sembrare rituale l'elogio dell'artista, con la conferma ed anche aggiunte positive su quanto già detto. Ma non si tratta, in questo caso, di un rito. Mimmo Savino va crescendo, ed è in un momento di salutare discesa in se stesso alla ricerca, ancora di più, di una pittura rimeditata e rinnovata fermo restando il filo ispiratore che la distingue. Le irrealtà magiche dei suoi quadri si sono, nelle opere più recenti (il periodo che potrà definirsi del rientro a Giugliano) elevate a rappre-sentazioni solo in apparenza metafisicamente immobili, ma in sostanza calate nell'angoscia, nei vuoti, nelle solitudini dell'uomo di oggi. Restano, perle di poesia, i bianchi e gli azzurri a narrare la vittoria della speranza su queste solitudini in cui riappare la presenza umana. L'aggiunta, attualizzando in pieno i due testi precedenti, è una più convinta testimonianza sulla presenza operante di questo pittore, al centro della sua giovinezza, nella migliore arte espressa della sua generazione.
Mimmo Savino ha dinanzi a se ancora tanti anni di ricerca e quindi anche di esperimenti, ma può già considerarsi tra i pochi artisti della sua generazione destinati a durare oltre. La pittura ed i pittori sono ormai folla, ma pochi si salveranno nell'impatto del tempo. Savino ha nelle sue opere un certo misterioso richiamo che ci indica questa sua possibilità, rara, a prolungare la sua presenza d'artista oltre la rapida cronaca. Va quindi annoverato come una presenza concreta nella giovane arte italiana. La mostra giuglianese, insieme alla trepidazione per il più scoperto rapporto con il luogo nativo, gli offrirà anche l'occasione in assoluto per rimeditare su ciò che dovrà fare: sul futuro della sua pittura. Quale futuro? Non esistono risposte per tali interrogativi. C'è solo la certezza di trovarsi dinanzi ad un pittore ormai con saldi mezzi per dare alla propria avventura d'arte una qualità realizzante verso un pieno inserimento nella migliore pittura giovane italiana. C'è già, per chi sa leggere nella fertile radice della sua pittura. *
Roma, 21 aprile 1986 Giuseppe Selvaggi

ANTOLOGIA CRITICA

Don VINCENZO B ARONE
“contributo critico per le mostre organizzate dalle ACLI svizzere di Losanna, Woholen, Liestal, Frik ,Ginevra
COLORI CHE RACCONTANO
Quando l'uomo riesce ad esprimere il suo cammino interiore nella vita attraverso la pittura, la musica e la parola diventa un artista, perché usa un linguaggio cosmico, che trascende ogni limite di comunicazione nel mondo. La natura, infatti, è composizione di colori, il cosmo è armonia di suoni diffusi dalle orbite delle galassie, e il loro archetto divino si e definito “Parola”. Mimmo Savino e, dunque, un artista perché sa soddisfare il bisogno inconscio di gridare la voce della sua anima con la pittura per trascendere i limiti dei suoi ambienti naturali. Pertanto, egli prende il pennello, ad ogni ansia di comunicare con l`alterità, impasta i suoi acrilici e sulla tela crea quei colori, che raccontano la storia della sua anima invasa dalla natura, in cui si ritrova. I colori di Savino raccontano il suo cammino di pellegrino del mare, che gli sembra sfuggire ogni volta che vuole possederlo, ma la continuità stilistica dei suoi temi pittorici da lui ricevono il compito di dire a tutti che egli non si arrende e, perciò, lo insegue dal Tirreno allo Jonio coi colori della loro immensa azzurrità. I monti ed il territorio, che li circondano, e li sovrastano, sembra che gli pesino addosso e, per sfuggire ad essi, come per liberarsi da un incubo, prende ancora il pennello e, coi suoi colori sconfinanti sempre nell'azzurro, li traccia con curve sfumate di tinte, che mai vogliono perdere i colori dei suoi racconti marini. Mimmo Savino, però, non vuole perdere il posto di protagonista in questi racconti dei suoi colori e si crea, tra essi, degli spazi bianchi da dove egli non finisce mai di guardare gli orizzonti lontani della sua vita giovane, perché ancora non riesce a scoprirne il mistero, che si nasconde dietro quella linea, anch'essa bianca, con cui il cielo distingue, ma non si separa, dal mare immenso della sua esistenza, in cui egli vede e pretende uno spazio sempre e tutto suo.
D. Vincenzo Barone
Cerchiara Cal. 27.3.1986
LE SPIAGGE METAFISICHE DI MIMMO SAVINO
Un mondo futuro rinnovato dopo la- distruzione totale, verso cui immancabilmente corre l'umanità, è quanto immaginiamo, in un sogno avveniristico, guardando le opere recenti di Mimmo Savino. Un mondo futuro in cui l'artista ha voluto salvare quanto di meglio questa vecchia terra aveva, nel tempo, prodotto. A cominciare dai cieli azzurrissimi e dal mare egualmente azzurro,  si che per riflesso di luce, diventa azzurro anche il colore della spiaggia e di tutta la terra emersa. E tutto appare incontaminato, come se una poetica coltre di neve fosse giunta a coprire ogni bruttura. E in questo paesaggio certamente metafisico, sono riusciti a sopravvivere nel cielo bianchi gabbiani portatori di serenità. Sembra quasi, in alcuni quadri, che l’uomo sia scomparso per ritrovarlo sperduto nel grande spazio simbolo di una diversa e più antica umanità. Figure di donne, suggerimento di un amoroso matriarcato e ancora altri personaggi metafisici cha hanno acquistato ormai tutte le esperienze che portano alla purificazione. Nei quadri di Savino c'è una storia, anzi un ricordo ancestrale, una memoria automatica che impedisce a questi nuovi esseri la possibilità di ripetere gli errori del passato. E questo anche se una nuova Crocefissione viene riproposta come sacra rappresentazione,  come spettacolo monito di una antica umana tragedia. Tuttavia, non si possono escludere totalmente dalla realtà questi  paesaggi di Savino. È certamente rimasta nei suoi occhi una natura catturata in un ricordo fugace: un breve tratto di spiagge ancora incontaminate dello Jonio, dove il colore del mare è tanto intenso da sentirlo in maniera tattile, dove l'acqua che ha bagnato i luoghi della Magna Graecia ha ancora il rumore nelle onde delle musiche che accompagnavano i versi dei poeti e le parole di un’antica grande civiltà. E proprio con la serenità e la ineluttabilità dei personaggi da tragedia greca, Savino è riuscito a trovare una sua dimensione pittorica che ci sembra di grande interesse. La sua abilità tecnica, la maniera sapiente» di utilizzare un colore tonale, una sobrietà di tavolozza che non è mai povertà, per mettono a questo pittore di realizzare queste visioni metafisiche. Quadri che si snodano in un racconto continuo di facile lettura, ma di grande intensità. Una pittura nuova, piena di speranza per una nuova umanità.
TONI BONAVITA
“Presentazione al catalogo della mostra personale alla galleria il Cancello - Cosenza 1979".

 

I grandi spazi nella pittura di Mimmo Savino sono la grande lavagna del creato, ove le geometrie assiali (ragnatele dell'infinito e dei carri siderali) assecondando un gioco di simbolismi, nati dalla forma, ma con ramificazioni ab-origine. L’oggettualità, insomma, estrinsecata nel corso dell'inesausto sonno primigenio degli echi, dei segni, della semantica confusa, delle illuminazioni folgoranti, delle intuizioni irrazionali. Il bianco e l'azzurro, che in parti uguali si dividono il campo, straripando fino ad annullare, talvolta, le prospettive, trascendono la stessa forma, costituiscono l'ingrediente del surreale, si tengono per mano, concedendo nulla o poco (ma svelandole quasi per ilare capriccio) alle figurazioni oggettuali. Cosi ché le rocce o le case di Cerchiara, (questo paese fascinoso dell'Alto Jonio, che è la Macondo delle lunghe solitudini dell'artista) si proiettano verso l'alto, aeree e galleggianti, per fare da supporto alla magica metafisica dei piani, delle linee, dell'atmosfera. L'oggettualità ridotta, dunque, a supporto, nondimeno autentica ed espressiva, tenendo conto della matrice che l'ha prodotta. La matrice è il groviglio dell'inconscio, il crogiuolo delle forme primordiali, ove le decifrazioni esistenziali sono sepolte e da cui fuoriescono da magma infuocati, allorché il silenzio dei crateri si trasforma in ira di Dio.  Nella pittura di Mimmo Savino queste decifrazioni sono apparse con le immagini filiformi di donne chiuse nel silenzio della montagna e della fame ed alzano le braccia per invocare la libertà del mare. Il bianco e l'azzurro sembrano allora stemperarsi nella metafisica volta del cielo.
M. DE GAUDIO
"contributo critico per la mostra al centro ENAIP, Zurigo 1985"

E’ fuor di discussione che questa manifestazione e tutta basata sulla stima che gli amici dell'Amministrazione Comunale di Cerchiara e della Pro loco del Sellaro nutrono per Mimmo Savino al quale intendono dire grazie per aver egli non calabrese portato ovunque, esaltandoli, attraverso la pittura, aspetti meravigliosi della nostra regione, in particolar modo della costa jonica cosentina della quale egli si è lasciato affascinare cosi come si è .lasciato affascinare dalla bellezza delle donne della zona. Non sono un critico d'arte e quindi non potrò dire molte cose della pittura di Mimmo Savino. D'altra parte non sarebbe facile dopo la "lezione" tenuta da Giuseppe Selvaggi. Da più anni la bellezza paesaggistica di queste zone ha trovato un appassionato cantore in Mimmo Savino, la sua mano si è compiaciuta soffermarsi sulle nostre marine. Mimmo Savino ha dipinto la semplicità delle case, ma soprattutto i nostri arenili, il nostro mare sapendolo dipingere di un azzurro che non è artificiale ma è quello naturale. Sotto questo aspetto egli è divenuto “agente promozionale” delle bellezze calabre facendo conoscere attraverso i suoi quadri i nostri paesaggi a chi della Calabria forse aveva sempre sentito parlare in termini diversi e che aveva escluso da propri anche temporaneo itinerari! Il linguaggio di Mimmo è spontaneo e perciò facilmente intellegibile, ma il suo messaggio merita una particolare riflessione e la sua pittura merita soprattutto la massima considerazione.
V. D'ATRI
“intervento registrato in occasione della mostra antologica organizzata dal comune di Cerchiara di Cal., 1984"

...ecco, allora, come contrappunto formale, le masse dei corpi che si ancorano all'ambiente come nella previsione di perderlo. Si dirà che è una coincidenza, ma felice, perché  l’arte-risultato é sempre il cristallo di un attimo, come il suo creatore, del resto. Il tempo, lo spazio, la figura, non sono più dati assoluti, ma destino di gente che viaggia verso il nulla, o il tutto.
A. LUCIANI
“presentazione al catalogo per la mostra allo studio d'arte “Hermes” via Margutta, Roma 1975"

 E’ sempre interessante, per chi, come me, vive quasi esclusivamente l'ambiente artistico di matrice lombarda, poter confrontare esperienze, proposte, soluzioni di un pittore proveniente dal sud che con tenacia, costanza e impegno cerca di far conoscere la sua voce. I suoi paesaggi, i suoi scorci sono veramente affascinanti e molto piacevoli, sorretti tra l'altro da una tecnica lungamente assimilata e sicura. Il punto focale diventa veramente il centro della composizione da cui si diramano tutte le linee prospettiche che riescono a conferire al quadro una tensione partecipe mai banale!La tematica poi è indubbiamente accattivante così come il colore, in prevalenza l'azzurro che Lei si porta negli occhi e nel cuore... `
L. GIUDICI
“da una lettera inviata in occasione della mostra personale alla galleria “Vienna” Milano, 1984”

...Il mattino quando mi alzo, lo sguardo corre ad un quadro di Savino che ho sistemato in posizione strategica, all'uscita della camera da letto. Voi vi chiederete perché? La ragione è semplice: i quadri di Mimmo Savino emanano “joi de vivre", riconciliano con la vita, in essi c'è una sintesi di libertà, di luci, di geometrie. Quelle “figurine”, che io amo molto, piazzate nella surreale serenità; nell'oggi: epoca del fast food, del tutto si consuma, del tutto si brucia, mi ricordano sempre che l'uomo esiste ed insieme anche la bellezza
M. GIUDITTA “intervento registrato alla mostra antologica organizzata dal comune di Cerchiara, 1984"

...Nei quadri di Mimmo Savino si sente la sintesi tra questa bellissima natura calabra e l'uomo che tende quasi a fare una comunione col “Cosmo”. Io sono anche astrologa e mi ha colpito “ la comunione di questi paesaggi e l'uomo che vi e dentro, « perché è sempre l'uomo nella natura, perché la natura senza 1'uomo non si potrebbe sentire. Io penso che tutto ciò sia la molla del successo delle opere di Mimmo.
KRISTA LEUK
“intervento alla mostra personale Calabria, Lumierés - Couleurs - Sensations, tenuta alla Galerie  Armine, Parigi 1981

...Così, e per il colore e per la scelta della neofígurazione la pittura di Savino si proietta in un'area metafisica carica di simboli ai quali è bene non assegnare un significato preciso proprio perché vivono una loro presenza neutrale ed autonoma e si pongono come astratta condizione di una realtà poetica alla quale l'artista affida messaggi di ogni tipo. Sfere, colonne, scale s'intersecano fanno pensare a un mondo primordiale dove ancora il suono è un`invenzione di là da venire, dove la parola e chiusa nelle larghe fasce di colore che sem-brano strade avviate verso l'infinito.
DANTE MAFFIA
“presentazione al catalogo per la mostra personale alla rotonda delle Terme di Montesano (Sa),1974 "

...Spesso però, l'ambiente fisico, o meglio l'elemento architettonico naturale agisce come pretesto perché l'artista, esagerandone le dimensioni, talvolta intersecando i piani, spesso moltiplicandoli, ne ricava effetti di luce ed ombre particolari, riducendo le suggestioni ad un timbro sempre più suo, ad un dialogo sempre più intimistico, servendosi, come nelle ultime opere essenzialmente di un solo colore predominante l'azzurro. Ma, in verità Mimmo Savino è alla ricerca di una permutazione cromatica coesistente per tutta la superficie del quadro usando maggiormente il “monocromo“ così da creare una compatta tessitura spaziale che investe il circostante spazio reale della parete. Ed è in questa ricerca sperimentale che risiede il valore di Mim-mo Savino...
E. MALASOMMA
“presentazione al catalogo per la mostra personale al centro studi ARTE e CULTURA, Sorrento. 1984"

...Nell'opera di Mimmo Savino c'è una sapienza tecnica derivante da lunga esperienza. I suoi quadri colpiscono per la pulizia del colore e per la luce che emanano. La tematica evoca immagini poetiche che arrivano al cuore dell'artista portate dalle onde greche del mar Jonio.
UGO MORETTI
“intervento alla mostra personale alla galleria il Cancello, Cosenza 1979"

Profondità e strati.
Luce e libertà
Spazio metareale.
E ‘ la Magna Grecia metafisica.
È il mistero del Cosmo.
Questa, è l’espressione del pittore Savino.
MIMMO ROTELLA “presentazione al catalogo per la mostra alla galleria Vienna, Milano 1984”

 

...penso che parlare di Mimmo Savino è un pò come parlare di me stesso, delle iniziative che si prendono insieme, fra pittori. Quando per la prima volta ci siamo visti a Castrovillari abbiamo parlato delle sue opere, che ho visto stasera esposte per la prima volta dopo tanti anni e che sono sempre belle e ricche di fascino: sono interessanti ancora quei disegni provenienti dall'accademia, disegni in china che man mano lui ha abbandonato per rivolgersi ai rossi dei tetti di Cerchiara, dei verdi della montagna, fino ad arrivare alle ultime tematiche, quelle dei grandi spazi. Ecco che nella pittura di Mimmo si può rilevare un continuo sforzo di ricerca. Molti pittori dicono che la ricerca non deve essere razionalizzata, invece un pittore, a mio avviso, deve dipingere facendo ricerche continue. Non e detto che quello che si fa oggi vada bene sempre; cioè questa esigenza la si deve avvertire giorno per giorno, la si deve portare avanti senza premeditazione, con estrema spontaneità. Penso che Mimmo abbia fatto questa ricerca spinto e incoraggiato anche dalle esperienze con le quali veniva a contatto all’interno della galleria d'arte il Coscile.
M. SANCINETO
“intervento registrato in occasione della mostra antologica organizzata dal Comune di Cerchiara 1984

 

...Nell'osservatore nascono sensazioni suggestive e poetiche, per cui il fascino del pensiero pittorico di Mimmo Savino diventa viva documentazione impreziosita dalla sua arte. Poesia nuova, certo, ma che si attiene al filone classico e romantico in quei discreti personaggi e cose che egli pone accanto ai profondi e infiniti spazi delle sue creazioni. Strade immense, bianche, che sembrano andare oltre l'orizzonte, percorrendone il confine, accerchiate da tonalità diverse di verde campestre e montano, azzurro di mare e di cielo, linee sagomate secondo una visione moderna ma non stancante, sono le creazioni di questo artista.
L'indagine, la ricerca non termina mai in modo tale che ogni sua ultima tela e il punto di partenza per nuove scoperte.
P. STANZIONE
“Da pittori giuglianesi dal '600 ad oggi, Centro Studi A. Taglialatela ed. 1983"

...Luci che si intersecano e si divaricano come su un proscenio immoto in cui la scenografia si articola su scene madri fondamentali che conoscono variazioni coerenti nei vari atti. Dalle figure stilizzate di donne si sprigiona un senso di movimento discreto che non contrasta con la staticità cosmica degli sfondi che si perdono nel vuoto. I primi piani dei quadri di Mimmo Savino, mutano nella rappresentazione figurativa contingente; ma la posizione della prospettiva di fondo, lì dove si decantano le immagini e si diluiscono i contorni,  l'impostazione linguistica si fa strettamente coerente, quadro per quadro, nelle grandi campiture d'azzurro, negli squarci di luce provenienti da soli nascosti, nella essenzializzazione  del disegno. È in quella continua elaborazione di fondi 'e di cieli che si concentra l'attenzione del pittore: è una fuga dalla realtà; una aspirazione a qualcosa di nuovo e di diverso, un’inconscia ripulsa di quanto di umano sulla scena può essere inserito? Qualcosa di questo o di altro? Forse sta proprio a noi dare un soggettivo significato a questo azzurro volo verso cieli pronti ad accogliere il palpito e la personificazione dei sentimenti di tutti.
L. TROCCOLI "Recensione su Tribuna Sud per la mostra alla galleria il Coscile, Castrovillari 1974"

...il mare Jonio che in un leggero arco lambisce lunghe e piatte spiagge di sabbia a cui si alternano distese di sassi bianchi di sale, di solitudine. L'orizzonte senza fine, là dove il cielo e il mare si fondono in un'unica essenza. A questa scuola, Mimmo Savino. ha imparato a conoscere l'infinito e il suo mistero e a scoprire nuove sensazioni. La padronanza del colore lo aiuta a rendere questo suo sentire e a parteciparlo agli altri con una intensità di cui solo pochi sono capaci. E lo spettatore vede, come lente onde che partono da terra, il formarsi della sabbia e poi del bagnasciuga e poi del mare e via via fino in fondo, fino a quando l'occhio non sa più dire se sia mare o cielo o solo, appunto, l'infinito. Si è l'infinito che si crea da quella unione misteriosa dove “spazio” è solo una parola e “poesia” é la verità.
G.L. TROMBETTI "Presentazione al catalogo per la mostra alla galleria d'arte il Coscile, Castrovillari 1984

MOSTRE PERSONALI E COLLETTIVE
1966        Scisciano, collettiva di maestri contemporanei.
Castellammare, premio Città di Castellammare (2° premio).
Nola, 2° concorso nazionale di pittura (I° premio). '
1967        Cicciano, concorso nazionale di pittura (2° premio).
Nola, Biennale d'arte sacra.
San Paolo Belsito “La Lanterna" concorso di pittura.
Roma, concorso nazionale pittura e scultura.
1969        Napoli, premio pittura e poesia.
1972        Castrovillari, galleria d’arte “il Coscile", grafica di maestri contemporanei.
1973        Giugliano in Campania, mostra personale.
Villapiana Lido, mostra personale.
Mormanno, agosto mormannese.
Castrovillari, galleria “il Coscile" collettiva di ferragosto e 2°concorso                
internazionale di pittura (premiato).
1974        Montesano Terme, mostra personale.
Castrovillari, galleria “il Coscile" collettiva natalizia e I° mostra
piccolo formato.
Salerno, centro d'arte 88 mostra personale.
Castrovillari, premio "Pollino" (premiato).
Villapiana Lido, 30 pittori alla pineta.
Castrovillari,  mostra mercato via Alfano.
Belvedere M.mo 30 pittori alla sala di esposizioni.
Sibari, galleria “il coscile" 30 pittori all'hotel Bagamojo.
Castrovillari, galleria il coscile, mostra personale.
1975        Sibari, galleria “il coscile" collettiva Bagamojo hotel Castrovilla ri,
2 mostra del piccolo formato.
1976        Roma, studio d'arte “Hermes” via margutta, 33 mostra di primavera.

               Pizzo Calabro, XXIII ed. premio “Pizzo” (premiato).
1977       Castrovillari ,galleria il Coscile  pittura in Calabri 1* Selezione di primavera
Collettiva di maestri contemporanei
Pizzo Calabro – XXIV Premio Pizzo
1978          Castrovillari , galleria il Coscile  collettiva di primavera
mostra mercato a scopo benefico.

 

1979          Castrovillari, galleria “il coscile", pittori meridionali e omaggio
ad Andrea Alfano.
Cosenza, galleria “il cancello", mostra personale.
Sorrento, centro studi “Sorrentino” mostra personale.
Castrovillari, galleria “il coscile" mostra personale.
Vico Equense, galleria “La Scogliera" mostra personale.
Castrovillari; galleria “il coscile“ sei proposte d'arte.
1980          Parigi, galerie “Armine" mostra personale.
Sorrento, centro studi “Sorrentino” mostra personale.
Trebisacce, libro galleria “Campagna Città" mostra personale.
Pizzo Calabro, XXV ed. premio "Pizzo".
Castrovillari, Alternativa Sud gruppo culturale, intervento sul centro storico.
1981           Latina, galleria “San Luca" mostra personale.
Milano, palazzo Arengario, incontri calabresi.
Castrovillari, galleria “il coscile" 3* selezione di primavera.
Cassano allo Jonio, premio “Sibarys".
Castrovillari, galleria “il coscile°' mostra personale.

1982            Castrovillari, galleria “il coscile" solidarietà col popolo polacco; quarta
mostra di primavera, , otto proposte d'arte, quarta setti-
mana del quadro d'autore.

 

1983             Catanzaro, galleria “Il Pozzo" mostra personale
Castrovillari, galleria “il coscile" quinta mostra di primavera,
Omaggio alla Calabria da sei pittori.
Villapiana Lido, rassegna iternazionale d'arte TG3 Cosenza
Praialonga, (Cz) mostra collettiva
Catanzaro, librogalleria Giuditta mostra collettiva.
Milano, galleria “Vienna” collettiva di Natale.
Pizzo Calabro, XXVIII ed. premio “Pizzo”.

1984            Milano; galleria “Vienna” mostra personale
Sorrento, centro studi “Sorrentino” mostra personale. ,
Castrovillari, galleria “il coscile" mostra personale.
Giugliano in Campania, “Arte proposte".
Cerchiara di Calabria, “Omaggio a Mimmo Savino".
Sibari, galleria “Azzurro House”mostra personale.
Francavilla M.ma, rassegna internazionale d`arte.
Castrovillari, galleria “il coscile" collettiva d'autnnno.
1985           Bologna, galleria “L`ariete" grafica contemporanea.
Sibari, galleria “Uranoi Glaukoí” mostra personale.
Castrovillari, galleria “il coscile" sesta mostra di primavera.
Invitato dalle ACLI svizzere per una serie di mostre a Frik, Lo-
sanna, Woholen, Zurigo,Liestal.
1986          Giugliano in Campania, mostra antologica aula consiliare organizzata dal Comune di Giugliano.

1987         Castrovillari, galleria “il coscile°' mostra personale.
Bari “Expò Arte “
Sibari, galleria “Uranoi Glaukoí” mostra personale.
Sala Consilina (SA)  mostra personale
1988        Roma, studio d'arte “Hermes” collettiva
Bari “Expò Arte “
1990        Centro Culturale l’Arco Giugliano “Mostra permanente”
1991        Santa Maria a Vico  Galleria Spazio 3 mostra personale
1993        Centro Culturale l’Arco Giugliano mostra personale
1994         Centro Culturale l’Arco Giugliano mostra di grafica “Serigrafie”
1996        Roma ,Basilica di S. Maria in Montesanto (piazza del popolo) Mostra personale
Comitato romano messa degli artisti
Roma - Istituto San Leone Magno – Mostra personale
Dortmund ( Germania) DI SA KUNSTHAUS . mostra personale
Roma  -rivista IDEA – mostra collettiva
1999      Castrovillari, galleria “il coscile°' mostra personale.
Giugliano centro culturale “ L’Arco”  mostra di ceramica
Giugliano centro culturale “ L’Arco”  mostra mercato del piccolo formato.

HANNO SCRITTO DI SAVINO    

 

MINIERI
DE RIGGI
D 'ANTONIO
MARINO
SANCINETO

ROTONDARO
TROCCOLI
T ROCCOLI
MAFFIA
SANCINETO
TROCCOLI
ROTONDARO
MAFFIA
SANCINETO
D 'ATRI
TROCCOLI
FORTUNATO
CIMBALO
PROMEZIO
TROCCOLI
LUCIANI
MICELI
TROCCOLI
PORRONE

SELVAGGI
T.BONAVITA
L. TROCCOLI

V.D `ATRI
A.JARIA

A.SULPRIZIO

U.MORETTI

R.OMBRES

T. BONAVITA
D. EMMANUELE
M. SANCINETO
E. MALASOMMA
G. SELVAGGI

M. PORRONE
T. BONAVITA
E. MALASOMMA
V. BARONE
N. TOMASSETTI
V. BARONE

M. ROTELLA

 

P. STANZIONE

M. SANCINETO
G.L. TROMBETTI

E. MALASOMMA

L. TROCCOLI

T. BONAVITA

G. SELVAGGI

M. DE GAUDIO

V.BARONE

M.J. COROMINAS

P. STANZIONE

V. D'A'I`RI
E. COPPOLA
A. CIMBALO
L. TROCCOLI
A. MINIACI
M. IMONDI

P. STANZIONE
G. SELVAGGI
V. ESPOSITO
M. MARTONE

 

L'opinione, Aprile 1967
Roma, 22 Aprile 1967
La Scelta, Gennaio 1973
La Scelta, Aprile 1973
In catalogo mostra personale Pussi Art Galleria
Giugliano
La Vedetta, Gennaio 1973
Gazzetta del Sud_, _l\/Iaggio 197 3 ,
Tribuna Sud, Gennaio, Luglio 1973
In catalogo mostra personale Galleria “Il Coscile"
In catalogo mostra personale Villapiana Lido
Tribuna Sud, Maggio 1974
Il Tempo, maggio 1974
In catalogo mostra personale Montesano Terme
La Calabria, Febbraio 1974
RAI Gazzettino' Calabrese, intervista Giugno 1974
Tribuna Sud, Luglio 1974
Il Giornale di Calabria, Maggio 1974
Il Mattino, Luglio 1974 _
Rubrica Arte Radio Corigliano, Giugno 1974
Tribuna Sud, Febbraio_1975
In catalogo mostra Hermes Roma, Aprile 1975
Presentazione mostra studio d`arte Hermes Roma, Maggio 1975
Tribuna Sud, Luglio 1976
Corriere Napoletano, Aprile 1978
In catalogo mostra personale alla galleria “Il Cancello" Cosenza, In catalogo mostra personale alla galleria “Il Cancello" Cosenza,
Tribuna Sud, Maggio 1979 '
RAI Gazzettino Calabrese intervista, Luglio 1979
In presentazione mostra personale alla galleria
“Il Cancello”, Cosenza Maggio 1979
In presentazione mostra personale alla galleria
“Il Coscile“, Castrovillari
Registrazione mostra al “Cancello” Maggio
1979
Registrazione mostra personale alla galleria “Il
coscile", Castrovillari, Aprile 1979 «

Il Vantaggio, Trevi ed. Giugno 1979

Katundi Yne, 1979
“Il Coscile" dieci anni ed. il coscile
Televesuvio, intervista Agosto 1979 f
In catalogo mostre personali a Parigi, Vico
Equense, Sorrento
Tele Sorrento intervista; Agosto 1979
Presentazioni in catalogo mostre Parigi, Latina,
Sorrento, Trebisacce, Castrovillari, Catanzaro
Idea Sud, Giugno 1980
Storia Società Cultura di Calabria I e II ed.
Orizzonti Italiani, Parigi Maggio 1980
Sibari, realtà di una leggenda, I e II ed.
In catalogo mostra personale alla galleria “Vienna”, Milano

 

La pittura a Giugliano dal 1400 ad oggi, Dicem-
bre 1983 edizioni Centro Studi A. Taglialatela
Radio Calabria 3 Intervista, Maggio 1980
In catalogo mostra personale a Castrovillari Mar-
zo 1984
In catalogo mostra personale al “Centro Arte e
Cultura", Sorrento 1984
In catalogo mostra personale a Cerchiara di Ca-
labria, Agosto 1984
In catalogo mostra personale a Milano, Maggio
1984
Intervento mostra “Omaggio a Mimmo Savino",
Agosto 1984
Intervento mostra personale a Cerchiara di Cala-
bria, Agosto 1984
Intervento mostra personale Zurigo, Novembre
1985
Intervento mostra personale a Losanna, Novembre 

In catalogo mostra personale a Liestal, Novem-
bre 1985.
Intervista TG3 Cosenza, Agosto 1984
Noi e gli altri, Agosto 1984
Il Tiraccio, Agosto 1984
Tribuna Sud, 22 settembre 1984 .
Premio Chiarastella, 1985
L'Eco, Zurigo n. 46-47-52, Novembre-Dicembre
1985
Noi e gli altri, Gennaio 1986
Napoli Nord Notizie, Febbraio 1986
Presentazione in catalogo
Roma trova Savino




















MIMMO SAVINO - PITTORE

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